Seppur ancora poco sotto i riflettori, il settore dei videogiochi e degli esports in Africa è in forte espansione: un report dell’agenzia Mordor Intelligence del 2020 stima una crescita del 12% tra il 2021 e il 2026 per l’industria nel continente, quella maggiore a livello globale. Le proiezioni sembrano già confermate dai numeri dei consumatori: dal 2015 al 2021 i gamers in Africa sono aumentati da 77 a 186 milioni, riporta l’agenzia specializzata Newzoo. Il 40% dei giocatori è di nazionalità sudafricana, seguiti da ghanesi, nigeriani, kenyani ed etiopi. Se il Sudafrica è il mercato più grande, Nigeria, Egitto e Kenya sono quelli con maggior incremento potenziale. E il 95% dei consumatori gioca su mobile.
L’industria del gaming cresce in Africa ALEX IBY/UNSPLASH
Le enormi prospettive di crescita si devono infatti a due fattori principali: la forte presenza di giovani e la rapida penetrazione dei dispositivi mobili. L’Africa è il continente più giovane del mondo: con oltre 700 milioni di persone sotto i 35 anni e un’età media di 19,7 anni, è l’unico per cui si stima che la fascia di popolazione tra 0 e 24 anni crescerà addirittura oltre il 50% entro il 2050. A ciò va aggiunta la velocissima diffusione di nuovi device, smartphone in testa: secondo Gsma (l’associazione della telefonia mobile) nel 2020, solo nella regione sub-sahariana, sono 495 milioni gli africani con almeno un telefono cellulare connesso, un aumento di 20 milioni rispetto all’anno precedente.
La fiera del gaming
Chi già da qualche anno ha compreso le potenzialità del mercato africano è Sidick Bakayoko, giovane amministratore delegato di Paradise Game, la principale azienda di intrattenimento digitale della Costa D’Avorio. “L’industria globale dei videogiochi rappresenta più di 150 miliardi di dollari l’anno e il 50% di questi ricavi proviene dai giochi mobili. Crediamo fermamente che lo stesso avverrà in Africa e vediamo un chiaro percorso per l’industria videoludica mobile nel continente” spiega a Wired.
Pioniere del settore videoludico in Africa, Bakayoko ha ideato il Festival of Electronics and Video Games of Abidjan – Feja, il più importante evento dedicato al mondo dei videogiochi e dell’esport dell’Africa occidentale. “Ogni anno ospitiamo migliaia di giocatori da più di dieci Paesi del continente che vengono per i tornei e un gruppo selezionato di professionisti del settore per discutere lo stato dell’industria nel continente e le prospettive future” racconta Bakayoko. Per quattro giorni il centro commerciale Cosmos ad Abidjan, capitale economica ivoriana, si trasforma nell’arena in cui migliaia di giocatori, professionisti e non, si sfidano in decine di tornei, da Fortnite a Tekken7, da Street Fighter V a Fifa22, ma anche Naruto, Just Dance e Clash Royale. Nonostante le difficoltà di organizzazione dovute a Covid-19, Bakayoko si dice soddisfatto anche di questa quinta edizione, conclusasi il 28 novembre scorso: “È stato un enorme successo, soprattutto perché siamo riusciti a portare per la prima volta al tavolo il ministero della tecnologia, per discutere dei settori emergenti in Africa, come le industrie creative e culturali”.
Nuovi posti di lavoro
La Banca africana dello sviluppo ha stimato che nei prossimi 5 anni verranno creati 2 milioni di posti di lavoro nel settore della tecnologia. Come spiega Sidick Bakayoko l’industria del gaming avrà un ruolo decisivo: “Complessivamente stimiamo che il numero di posti di lavoro nel comparto videogiochi raggiungerà i 100mila nei prossimi 3 anni grazie alla crescita dei servizi: riparazione di pc e console, marketing e distribuzione, streaming e gaming professionistico”.
Qualcosa in questo senso ha già iniziato a muoversi. I professionisti di esport negli ultimi anni sono in aumento e stanno emergendo anche a livello internazionale: come la giovane campionessa kenyana di Tekken7, Sylvia “Queen Arrow” Gothani, la prima donna professionista di esport kenyana, o il sudafricano, Thabo “Yvng Savage” Moloi, giocatore di Fifa, primo africano nel 2020 a essere sponsorizzato da Redbull.
Lo stesso vale per i videogame made in Africa: alle più grandi aziende sudafricane, come Game4Us, si affiancano sempre più startup e aziende più piccole localizzate nel resto del continente. “Abbiamo identificato più di 300 studi di sviluppatori di giochi indipendenti in Africa e più di 2mila centri di gioco nella sola regione occidentale”, dice Bakayoko, che aggiunge: “Come Paradise Games miriamo a supportare i creatori indipendenti attraverso game jam, sessioni di formazione con esperti e aiutandoli a costruire nuove partnership internazionali”.
Molte di queste giovani aziende vogliono promuovere la cultura locale attraverso applicazioni e giochi mobile che favoriscano una rappresentazione delle proprie tradizioni anche fuori dal continente. Come Mist of Soundjata, gioco di strategia sviluppato dall’Africa Tech Lab, togolese, che traccia la storia dell’Impero del Mali durante il regno di Soundjata Keita e promuove la conoscenza della cultura mandinga, o Mzito, della startup kenyana Weza Interactive Entertainment, che con l’aiuto di spiriti guida porta il giocatore attraverso 15 diverse location in tutta l’Africa per riunire il continente e salvarlo dall’antica corruzione.
Gli ostacoli del settore
Nonostante i rapidi miglioramenti restano alcune problematiche di base. Innanzitutto il digital divide: anche se secondo il report Gsma 2021, dal 2015 in Africa sub-sahariana sono raddoppiate le persone che hanno accesso a internet, resta una netta differenziazione tra le regioni, con 210 milioni di persone che non hanno un device connesso e solo il 51% della popolazione raggiunta dal 4G. Così come resta il gap di genere: le donne connesse sono il 37% in meno rispetto agli uomini.
Secondo Bakayoko le principali barriere per lo sviluppo dell’industria sono però la mancanza di personale specializzato e il fatto che ci siano pochissimi investitori attivi nel continente. Per questo Paradise Game, il cui slogan è proprio “intrattenere, educare e potenziare i giovani africani”, ha aperto uno spazio dedicato alla formazione di ragazzi delle scuole medie e superiori in ambito informatico e lavora alla creazione di programmi ed-tech ed e-learning.
“Dalla programmazione allo sviluppo fino alle soft skills vogliamo supportare e avvicinare i più giovani alla tecnologia: attraverso il gioco aspiriamo a coinvolgere 250 ragazzi africani entro il 2025 per invogliarli a lavorare nel campo dei videogiochi - conclude Bakayoko -. Il settore dei videogiochi può aiutare a creare posti di lavoro e ricchezza. È quindi importante che i Paesi africani esaminino le possibilità di costruire ecosistemi locali per far crescere le opportunità. Intanto stiamo già lavorando a Feja6, con la speranza di coinvolgere ancora più professionisti e Paesi”.
Fonte: Wired