Anche la Cina ha il suo Black Lives Matter

Nel pieno delle manifestazioni antirazziste negli Usa, sui social sono bastate poche fatidiche parole (“Black lives matter”) pronunciate lunedì dal ministero degli Esteri cinese per innescare una nuova ondata di proteste, raccolte attorno allo slogan/hashtag #BlackChina. C’è un antefatto: quella che è stata definita la più grande crisi tra Africa e Cina degli ultimi anni. Nel pieno della nevrosi da seconda ondata pandemica, nel timore che il contagio tornasse, portato dall’esterno, ad aprile un’ondata di razzismo ai danni di cittadini africani ha avvolto Guangzhou, uno dei principali hub manifatturieri cinesi: “In quel periodo sono emersi in modo costante sui social media numerosi incidenti che mostravano persone di origini africane – soprattutto nigeriane – attaccate per strada, sfrattate dalle proprie case senza preavviso, obbligate a lasciare le proprie camere d’albergo o fermate all’ingresso di ristoranti o centri commerciali”, spiega Roberto Castillo, assistant professor della Lingnan University di Hong Kong, che da anni studia la comunità africana di Guangzhou, la quale secondo i dati ufficiali oggi conta circa 4500 persone provenienti principalmente dall’Africa occidentale. “Qualcuno è persino stato obbligato a dormire per strada. E non stiamo parlando di migranti o lavoratori informali, ma di commercianti o imprenditori che da anni vivono o hanno rapporti con la Cina”.