OpenAi ha due settimane per mettersi in regola con il Garante della privacy su ChatGPT

Tempo fino al 30 aprile per correggere la rotta su ChatGPT. È questa la finestra temporale che il Garante della privacy italiano ha dato a OpenAi per adeguarsi alle sue prescrizioni sull’uso dei dati personali per addestrare il potente chatbot conversazionale. Se entro due settimane la startup fondata da Sam Altman rispetterà le regole europee in tema di informativa sull’uso dei dati personali, diritti degli interessati, utenti e non utenti, base giuridica del trattamento delle informazioni per allenare l’algoritmo, allora da piazzale Venezia sono pronti a sospendere la limitazione temporanea all’uso dei dati da parte di ChatGPT scattata a fine marzo, a cui l’azienda ha risposto sospendendo il servizio per gli utenti che si collegano dall’Italia.

ChatGPT JOHN WALTON - PA IMAGES/GETTY IMAGES - Fonte: Wired

Le prove di disgelo tra l’Autorità garante dei dati personali italiana e OpenAi segnano un allentamento della pressione sulla startup americana, accusata da più parti di calpestare le regole in materia di privacy (accusa rispedita al mittente dai vertici di OpenAi) e per questo sotto indagine anche in Canada. Un accordo entro il 30 aprile permetterebbe di chiudere il contenzioso mentre i garanti europei per la privacy si riuniscono, individuando così una linea nell’alveo del Gdpr che potrebbe allontanare da ChatGPT le lenti delle altre autorità per la protezione dei dati. In quindici giorni quella che nelle prime ore dall’intervento del Garante era stata descritta come una frattura incolmabile si avvia sulla strada della risoluzione. Lo dimostra anche la celerità con cui OpenAi ha incontrato l’autorità e fornito una sua strategia di intervento. L’11 aprile il collegio dell’Autorità garante, presieduta dal presidente Pasquale Stanzione, ha emanato i suoi diktat.

Gli impegni:

Informativa sulla privacy ed età
Base giuridica ed esercizio dei diritti

Informativa sulla privacy ed età

Il Garante ha chiesto a OpenAi di fornire e collocare in bella vista (specie prima di abbonarsi) una informativa trasparente sul proprio sito. All’interno gli sviluppatori di ChatGPT dovranno illustrare come trattano i dati necessari ad addestrare l’algoritmo, come funziona le interfacce di programmazione e quali sono i diritti degli utenti e degli interessanti che non sono iscritti al servizio. “Per gli utenti che si collegano dall’Italia, l’informativa dovrà essere presentata prima del completamento della registrazione e, sempre prima del completamento della registrazione dovrà essere loro richiesto di dichiarare di essere maggiorenni”, scrive il garante. Anche a chi si è già iscritto prima del putiferio andrà inviato un link per leggersi le condizioni del servizio.

Per dati personali, nel caso di ChatGPT, si intendono tutti quelli che cediamo, anche involontariamente, quando lo interroghiamo. Se chiedo a ChatGPT "Consigliami una ricetta per una cena romantica", per esempio, sto lasciando trapelare delle informazioni personali che cedo senza aver dato un consenso esplicito e che vengono processati, almeno per ora, solo negli Stati Uniti.

Dopo la registrazione, gli abbonati dovranno superare un test per escludere i minorenni. Su questo fronte, sulla scia dell’istruttoria contro Tiktok, l’Authority ha anche chiesto un piano entro il 31 maggio per realizzare un sistema di verifica dell’età per lasciare fuori i minori di 13 anni che non hanno il consenso dei genitori. Il sistema dovrà essere poi implementato entro il 30 settembre 2023.

Base giuridica ed esercizio dei diritti

Quanto alla base giuridica del trattamento dei dati personali degli utenti per l’addestramento degli algoritmi, il Garante della privacy ha ordinato alla startup di eliminare i riferimenti all’esecuzione del contratto. Invece, deve puntare a ottenere il consenso o dimostrare il legittimo interesse nell’uso di quelle informazioni, secondo quanto prescrive il Gdpr, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali.

Ulteriori prescrizioni riguardano la messa a disposizione di strumenti utili per permettere agli interessati, anche non utenti, di chiedere la rettifica dei dati personali che li riguardano generati in modo inesatto dal servizio o la cancellazione degli stessi, nel caso la rettifica non fosse tecnicamente possibile”, scrive il Garante. L’azienda dovrà anche accettare che anche chi non è un utente ma scopre che le sue informazioni sono state usate per addestrare l’algoritmo, possa opporsi a questo utilizzo e ottenerne il fermo. L’ultima richiesta riguarda una campagna di comunicazione su radio, tv, media e internet per informare le persone su come algoritmi come ChatGPT usano i dati personali, da lanciare entro il 15 maggio. Non sarà pubblicità. OpenAi dovrà informare “le persone dell’avvenuta probabile raccolta dei loro dati personali ai fini dell’addestramento degli algoritmi” e del fatto che sul sito ci sono le informative aggiornate e gli strumenti per opporsi all’uso dei dati.

Quelle del Garante sono prescrizioni. Detto altrimenti: se OpenAi non si adegua, rischia una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo, come previsto dal Gdpr.

Fonte: Wired

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