
Primo Space è il primo fondo italiano di venture capital tecnologico italiano specializzato in investimenti in campo spaziale, già in partenza con 58 milioni euro.
Lo strumento è promosso da Primomiglio SGR e tra gli investitori compaiono il Fondo Europeo per gli Investimenti, CDP Venture Capital SGR- Fondo Nazionale Innovazione, Banca Sella, Compagnia di San Paolo e la stessa Primomiglio SGR.
Secondo gli studi promossi da Airpress, negli ultimi cinque anni gli investimenti di venture capital sono cresciuti in maniera esponenziale toccando la cifra di 4 miliardi di dollari nel solo 2019. Considerando che a livello globale l’industria spaziale vale oltre 400 miliardi e la quota è destinata a salire, l’impatto che gli investimenti italiani avrebbero sulla space economy risulta ampiamente positivo.
Secondo quanto riportato da StartupItalia, la space economy è un settore di primaria importanza in Italia con un valore di oltre 2 miliardi di euro e oltre 7000 addetti su tutta la filiera; mancava in effetti un fondo di venture capital.
Primo Space non è ancora decollato ma parte con una base di 58 milioni di euro, l’obiettivo fissato a 80 milioni può già contare sull’apporto di importanti investitori. L’investimento del FEI di 30 milioni di euro si inserisce nel programma pilota InnovFin Equity della Commissione Europea a sua volta sostenuto da Horizon 2020.
Il fondo nasce a supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, si inserisce perfettamente nel piano di implementazione delle nuove tecnologie promosso dal MiSe in linea con il Dl Semplificazioni e l’innovazione tecnologica, per lo sviluppo e il sostegno delle PMI e Startup Innovative nonché per la corretta diffusione culturale riguardo al piano Industry 4.0.
Primo Space è il coronamento di un lavoro durato oltre due anni, nato dalla collaborazione tra la Fondazione E.Amaldi e Primomiglio SGR.
Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia ha affermato che:« le aziende italiane impegnate nello sviluppo tecnologico e innovativo necessitano di sostegno a lungo termine, in quanto realtà capaci di guardare oltre e avventurarsi verso l’ignoto».
Non si tratta di fondi “sprecati” che in questo momento delicato potrebbero essere convogliati altrove, come criticano già in molti; basti pensare che a partire dagli anni 70 ad oggi, il salto tecnologico è avvenuto grazie alle tecnologie inventate per la ricerca spaziale.
Finanziare startup spaziali è sintomo di fiducia nell’intero sistema economico, non soltanto nella space economy, la ricerca tecnologica non si ferma mai al solo campo all’interno del quale viene sviluppata e/o finanziata.
I benefici sono per tutti, soltanto per fare alcuni esempi: i pannelli solari ad oggi fondamentali per la green economy e per la sostenibilità ambientale del pianeta Terra, derivano da una tecnologia studiata per lo spazio.
E ancora, i sistemi comunicativi che noi tutti oggi utilizziamo derivano dalla ricerca in campo spaziale per l’implementazione satellitare.
Oggi, i campi di ricerca non sono più a comparti stagni, la fluidità della comunicazione e l’interconnessione continua in ogni ambito, non esclude la sanità, l’istruzione o la creazione di posti di lavoro.
Dovremmo, tutti, imparare a guardare oltre, e soprattutto a non farci fermare dalla parola impossibile.